Ricostruire la realtà
Il sito di Marco Corvaglia
La Salette e le ingannevoli profezie sull'imperatore
di Marco Corvaglia
Maximin e la profezia dell'aquilotto
Moneta francese del 1857 raffigurante Napoleone III e l’aquila, tradizionale simbolo del potere imperiale.
Nel 1853 il nuovo vescovo di Grenoble, mons. Ginoulhiac, volendo conoscere i "segreti" di La Salette (come li aveva conosciuti il suo predecessore, prima di inoltrarli riservatamente a Pio IX), chiede a Maximin e a Mélanie di riscriverli per lui.
Secondo il principale apologeta attuale di La Salette, padre Michel Corteville, “il testo di Maximin per mons. Ginoulhiac illustra in anticipo la caduta di Napoleone III” [R. Laurentin, M. Corteville, Découverte du secret de La Salette, Fayard, 2002, p. 29].
Le cose stanno davvero così?
Luigi Napoleone (nipote di Napoleone Bonaparte) era stato eletto presidente della repubblica nel 1848 ma, dopo aver compiuto un colpo di stato, nel 1852 si era autoproclamato imperatore dei Francesi, assumendo il nome di Napoleone III.
Era così nato il Secondo Impero.
Napoleone III perderà il potere nel 1870 a seguito della sconfitta francese nella guerra contro la Prussia e andrà in esilio in Inghilterra, dove due anni dopo morrà per cause naturali.
Il testo che Maximin scrive per mons. Ginoulhiac il 5 agosto 1853 inizia così:
Come quello di Roma
Un aquilotto si innalzerà. Quando sarà un po' cresciuto, girerà su se stesso, quindi salirà più in alto. Poi le piume gli cadranno, infine senza piume cadrà su dei pugnali.
[Copie textuelle du Secret de Maximin tel qu'il l'a écrit lui-même vendredi 5 août 1853, in Michel Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 1, Téqui, 2008, p. 231]
La dicitura "Come quello di Roma" starebbe a significare che il contenuto è conforme a quello inviato nel 1851 a Pio IX (di cui abbiamo parlato nella pagina Non "segreti" ma credenze già diffuse).
Maximin non dice del tutto la verità: se la seconda parte del suo testo è tematicamente analoga, nel complesso, a quella del 1851, la prima parte è invece nuova, contenendo, per cominciare, ciò che abbiamo appena letto: la previsione dell'uccisione di Napoleone III, designato con il termine aiglon, che significa "giovane aquila, aquilotto".
Si trattava di un nomignolo utilizzato affettuosamente nella letteratura profana per indicare il figlio dell'imperatore Napoleone Bonaparte, cioè Napoleone II (ad esempio nell'ode Napoléon II scritta da Victor Hugo nell'agosto 1832, poco dopo la morte dell'aiglon).
Dopo l'ascesa al potere di Napoleone III, tale nomignolo venne sporadicamente utilizzato anche per lui.
È già di per sé eloquente il fatto che, nella profezia che Maximin asserisce di aver ricevuto nel 1846, la figura dell'imperatore compaia solo con la versione da lui scritta nel 1853, l'anno successivo al ritorno di un potere imperiale in Francia, e non fosse invece presente in quella scritta poco prima dell'avvento di quel potere.
Corteville e Laurentin ammettono poi che nella "profezia" si parla erroneamente di un'uccisione ma, nonostante questo, vogliono vedere nelle parole scritte da Maximin una predizione della caduta politica di Napoleone III ("Napoleone III non fu ucciso con dei pugnali. Ma il suo impero finì sotto le armi prussiane..." [Laurentin, Corteville, op. cit., p. 149]).
La verità è un'altra ed è, come sempre, più lineare.
Nell'agosto 1853 era persino ovvio ritenere probabile (anche se non accadrà) che Napoleone III potesse essere ucciso in un attentato (chiaramente simboleggiato nel testo del "segreto" dai poignards, i pugnali), per il semplice fatto che, nell'ultimo anno, i suoi oppositori politici interni ne avevano organizzati numerosi contro di lui.
Dapprima c'era stato il complotto della Reine Blanche, a Parigi, sventato dalla polizia il 30 giugno 1852 [cfr. Attentats et complots contre Napoléon III, Parigi, Chevalier, 1870, p. 8]. Alla fine del successivo mese di settembre, un altro attentato contro Luigi Napoleone era stato sventato a Marsiglia [ivi, p. 10].
Un altro avrebbe dovuto essere attuato il 6 giugno 1853 mentre Napoleone III era all'ippodromo [ivi, p. 19]. Un altro era stato organizzato per il successivo 5 luglio all'Opéra-Comique [ivi, p. 21].
Il 22 luglio 1853 furono condannati una ventina di membri della Commune révolutionnaire, organizzazione terroristica che aveva, anch'essa, l'obiettivo di attentare alla vita di Napoleone III [ivi, pp. 11-14].
Maximin scrive la sua "aggiunta", nel "segreto" per Ginoulhiac, 14 giorni dopo queste condanne.
La vipera
Subito dopo il brano in cui preannuncia la morte dell'"aquilotto", Maximin scrive:
Dopo la sua morte arriverà il caos e in seguito una vipera che oggi è nel seno della Francia.
[Copie textuelle du Secret de Maximin tel qu'il l'a écrit lui-même vendredi 5 août 1853, in Corteville, op. cit., p. 231]
Avanzerei l'ipotesi che Maximin voglia riferirsi al cugino di Napoleone III, Napoleone Giuseppe, detto il principe Girolamo, che fu "l'erede legittimo dal dicembre 1851 al 1856, quando nacque il principe imperiale" [Bonaparte, Napoleone Giuseppe Carlo Paolo, detto il principe Girolamo, in Enciclopedia Treccani Online] e fu anche membro del Senato (dal 25 dicembre 1852).
La spalliera di una delle sedie realizzate per i senatori francesi nel 1802 dall'ebanista Marcion, tuttora conservate nella Sala delle Conferenze del Senato francese (Fonte foto: sito ufficiale del Senato di Francia).
Quest'organismo aveva avuto come simbolo ufficiale, sotto Napoleone Bonaparte, una "allegoria della Prudenza, adottata dal Senato sin dalla sua creazione", costituita da "uno specchietto con il manico attorno a cui si avvolge un serpente che vi si riflette".
Essa è tuttora presente su "decorazioni o mobili del palazzo del Lussemburgo", che è rimasto sino ad oggi la sede del Senato (le informazioni virgolettate sono tratte dal sito ufficiale del Senato di Francia).
Mélanie e Maximin legittimisti
Il testo di Maximin continua così:
Poi essa [la vipera] morrà. In seguito arriverà il figlio di Luigi XVI; regnerà pochissimo tempo.
[Copie textuelle du Secret de Maximin tel qu'il l'a écrit lui-même vendredi 5 août 1853, in Corteville, op. cit., p. 231]
Luigi XVI era stato decapitato nel corso della Rivoluzione francese e suo figlio, Luigi Carlo di Borbone, era morto nel 1795, all'età di 10 anni, prigioniero dei rivoluzionari. Che origine ha, quindi, questa bizzarra profezia?
Anche Corteville, apologeta e specialista salettino, non può che ammettere che quanto meno le parole sul figlio di Luigi XIV "sono state aggiunte da Maximin sotto degli influssi politici" [Corteville, op. cit., p. 232].
E che credibilità ha chi dimostra di inventare messaggi celesti?
Corteville riconosce che "Mélanie e soprattutto Maximin saranno di preferenza legittimisti" [ivi, p. 210].
In Francia, venivano chiamati legittimisti coloro i quali ritenevano che gli unici sovrani legittimi (per diritto divino) potessero essere i discendenti diretti del re cattolico decapitato dai rivoluzionari, Luigi XVI.
Napoleone III non aveva questa qualità, evidentemente, ed esibiva nei confronti della Chiesa un ossequio che era chiaramente strumentale, come la sua storia personale di ex carbonaro dimostrava (nel 1830, a Roma, aveva preso parte ad una tentata sommossa per rovesciare il potere temporale del papa).
Di conseguenza, i legittimisti più intransigenti gli furono ostili sin dall'inizio [cfr. E. Derennes, Les legitimistes, le roi et l'Empire (ca. 1852-1870), in E. Georgin (a cura di), Les oppositions au Second Empire, SPM, 2019, p. 89]).
La maggior parte dei legittimisti voleva portare sul trono il pronipote di Luigi XVI, Enrico di Borbone, ma altri aderivano alla delirante teoria che Luigi Carlo di Borbone, il figlio di Luigi XVI, non fosse realmente morto nel 1795, e quindi aspettavano il suo ritorno per incoronarlo con il nome di Luigi XVII.
Il piccolo Luigi Carlo di Borbone, in un ritratto eseguito nel 1792, tre anni prima della sua morte.
Di conseguenza, numerosi esaltati e avventurieri si fecero avanti nel corso degli anni, spacciandosi per l'ormai maturo Luigi Carlo di Borbone. Il più famoso di essi fu il sedicente barone di Richemont.
Maximin era venuto a conoscenza di questa attesa, molto diffusa negli ambienti salettini della sua epoca.
Erano sostenitori dell'esaltato pseudo-barone di Richemont diversi frequentatori dei "veggenti", o anche religiosi a loro vicini (ad esempio, don Joseph Faure, confessore e corrispondente di Mélanie), oltre ad alcuni autori di ben noti libri apologetici su La Salette (A. Nicolas e C.R. Girard) [cfr. J. Stern, La Salette. Documents authentiques, vol. 3, Cerf, 1991, p. 113 (una riproduzione digitale del volume è disponibile qui)].
Maximin, il 27 settembre 1850, a Lione, aveva persino incontrato lo pseudo-barone in persona e, diversi anni dopo, quando l'avventuriero è ormai morto, rievoca quell'incontro (in termini non entusiastici, per la verità) in alcune sue memorie [Maximin, peint par lui-même, Parigi, Clavel-Ballivet, 1881, pp. 114-115].
Se Maximin "prevede" che regnerà pochissimo tempo è perché qualunque pretendente che si voglia spacciare per Luigi Carlo di Borbone (nato nel 1785) nel 1853 non può che essere una persona ormai già anziana.
Ma a questo proposito c'è da dire qualcosa anche su Mélanie.
Un altro famoso bizzarro aspirante Luigi XVII fu Karl Wilhelm Naundorff, un orologiaio prussiano che non parlava nemmeno il francese.
Nel 1840 Naundorff, che diceva di avere anche apparizioni angeliche, aveva fatto pubblicare al proprio segretario, Charles de Cosson, il libro Révélations sur les erreurs de l'Ancien Testament, contenente le "rivelazioni" che egli asseriva di aver ricevuto in merito agli errori dell'Antico Testamento e (in un secondo tomo) al ritorno sulla terra del re Salomone (a pagina 1 del libro, egli si presenta come Carlo Luigi, duca di Normandia).
Naundorff era morto nel 1845, ma i suoi discendenti seguiranno la stessa carriera di pretendenti al trono (a partire dal figlio, non a caso battezzato con il nome di Louis-Charles).
Ebbene, il 12 giugno 1903 Mélanie "garantisce" al suo confessore don Combe che i Naundorff sono effettivamente discendenti diretti dei re di Francia, asserendo di averlo saputo, tramite rivelazione celeste, da quello che lei chiama il suo Fratellino (e che, a suo dire, come sappiamo, sarebbe Gesù Bambino):
- Padre mio, voi sapete che la famiglia Naundorff discende da Luigi XVII. [...]
- Tuo "Fratello" ti ha detto che discendono da Luigi XVII?
- Sì, Padre mio.
[Dernières années de sœur Marie de la Croix, bergère de la Salette - Journal de l'Abbé Combe, Téqui, 2000, pp. 176-177]
Da segnalare che, in ossequio ad un'antica tradizione, i cuori dei sovrani di Francia deceduti venivano conservati in appositi reliquari.
Nel 2001 è stato così possibile effettuare l'analisi del DNA del bambino di 10 anni morto l'8 giugno 1795, prigioniero dei rivoluzionari, e si è avuta l'ovvia conferma: si tratta del cuore di Luigi Carlo di Borbone (Jehaes, Pfeiffer, Toprak, Decorte, Brinkmann, Cassiman, Mitochondrial DNA analysis of the putative heart of Louis XVII, son of Louis XVI and Marie-Antoinette [Eur J Hum Genet., n. 9 (3), marzo 2001, pp. 185-90]).
A fatti compiuti
Nelle ultime due versioni del suo “segreto” (pubblicate nel 1873 e nel 1879, come sappiamo), Mélanie scrive:
Che il Vicario di mio Figlio, il Sommo Pontefice Pio IX, non esca più da Roma dopo il 1859; ma che sia fermo e generoso e combatta con le armi della fede e dell’amore: io sarò con lui.
[Félicien Bliard, Lettres à un ami sur le secret de la Bergère de La Salette, Napoli, Ancora, 1873, p. 16; L'apparition de la Très-Sainte-Vierge sur la Montagne de La Salette le 19 septembre 1846, publiée par la bergère de La Salette avec permission de l'Ordinaire, Lecce, Tipo-Litografia Editrice Salentina, 1879, p. 14 (qui un'edizione pubblicata a Nimes nel 1881)]
Mélanie presenta questa come un’esortazione profetica, ricevuta il 19 settembre 1846.
In realtà, come abbiamo visto (1858, allarme Lourdes? La nuova versione di Mélanie), Mélanie comincia a scrivere il “segreto” nell’autunno 1860, “all’inizio del suo soggiorno a Marsiglia” [Stern, op. cit., p. 118], dove giunge il 28 settembre.
Sappiamo che lo consegna il 30 gennaio 1870 a padre Bliard, che lo farà pubblicare.
Corteville osserva che comunque “il documento è nettamente anteriore al 30 gennaio 1870” [Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 1, cit., p. 274].
Si può essere d’accordo con questa conclusione se ci si riferisce al documento nel suo complesso, ma è chiaro che il testo potrebbe essere stato ritoccato fino al gennaio 1870.
In ogni caso, partiremo dal presupposto che, come Mélanie dice, esso risalga integralmente alla fine del 1860 o a poco dopo (“La prima copia l’ho data nel 1860 o 1861 al mio confessore”, scrive lei stessa a don Rigaux il 13 maggio 1903 [J. Maritain, La Salette, Angelicum University Press, 2022, p. 464, nota 1]).
Ebbene, siamo comunque di fronte agli ennesimi esempi di profezie a fatti compiuti.
Entro il settembre 1860 lo Stato Pontificio ha ormai perso definitivamente buona parte dei propri territori (prima la Romagna, poi le Marche e l’Umbria): essi vengono annessi al Piemonte di Casa Savoia, che guida il processo di unificazione nazionale.
La situazione, per Pio IX, è drammatica.
Il 20 settembre 1860 Gramont, l’ambasciatore francese presso la Santa Sede, scrive a Napoleone III che il papa ha intenzione “di andarsene in Spagna o a Trieste” [J. Maurain, La politique ecclésiastique du Second Empire de 1852 à 1869, Parigi, Alcan, 1930, p. 422].
Se Pio IX avesse lasciato Roma, Napoleone III avrebbe ritirato (lo aveva dichiarato esplicitamente [cfr. ibidem]) il contingente militare che manteneva lì a difesa del papa, e quindi i Savoia avrebbero potuto annettere al regno sabaudo anche Roma e il Lazio.
Ciò spiega l'esortazione di Mélanie, che non ha quindi nulla di profetico: sono semmai argomenti di stringente attualità quando lei scrive.
Il testo del "segreto" continua così:
Che non si fidi di Napoleone; il suo cuore è doppio e allorché vorrà essere simultaneamente Papa ed Imperatore, presto Dio l’abbandonerà; lui è quell’aquila che volendo sempre più innalzarsi cadrà sulla spada di cui voleva servirsi per obbligare i popoli ad innalzarlo.
[Bliard, op. cit., p. 16; L'apparition de la Très-Sainte-Vierge sur la Montagne de La Salette le 19 septembre 1846, cit., p. 14]
Anche per comprendere l'origine di tutto questo brano è necessario chiarire ciò che era accaduto tra il 1859 e il 1860.
Come abbiamo accennato, Napoleone III, cercando l'appoggio dei cattolici, manteneva dal 1849 un contingente militare a Roma, a difesa del papa.
Volendo rendere la Francia potenza egemone in Europa, desiderava però anche indebolire l'impero austriaco (alleato del papa) che occupava il Lombardo-Veneto e proteggeva la parte più settentrionale dello Stato Pontificio (la Romagna).
Per questo nella primavera del 1859 Napoleone III aveva fornito notevoli aiuti militari al Piemonte, che voleva cacciare gli Austriaci dall'Italia (seconda guerra d'indipendenza italiana).
Napoleone III si era però fermato a metà strada: spaventato anche dal fatto che "in Francia, l'opinione pubblica cattolica si spazientiva di fronte a questo conflitto che minacciava la Santa Sede" [T. Lentz, Napoléon III, Perrin, 2022, p. 155], nel luglio 1859, senza interpellare l'alleato piemontese, aveva raggiunto un compromesso con gli Austriaci (armistizio di Villafranca), lasciando loro il Veneto.
A questo punto, era diventato evidente che la guerra contro l'Austria (la "spada" grazie alla quale voleva "innalzarsi"), intrapresa e poi interrotta, stava per ritorcersi contro di lui.
Vediamo perché.
Napoleone III tenta la via della persuasione e inizia a suggerire a papa Pio IX ciò che, secondo lui, dovrebbe fare sul piano politico (nelle parole della profezia a fatti compiuti di Mélanie, comincia quindi a voler "essere simultaneamente Papa ed Imperatore").
Il 31 dicembre 1859 scrive al papa una lettera (pubblicata sul quotidiano Le Moniteur universel) che avrà una vasta risonanza. Lo invita a rinunciare alla Romagna, le cui popolazioni, dopo la fuga delle guarnigioni austriache, chiedono l’annessione al regno sabaudo:
Ciò che mi pare più conforme ai veri interessi della Santa Sede sarebbe sacrificare le province in rivolta.
[Lettre de S. M. l'Empereur à Sa Sainteté le pape Pie IX, Le Moniteur universel, 11/1/1860, p. 1]
Il netto rifiuto di Pio IX sarà espresso ufficialmente con l’enciclica Nullis certe del 19 gennaio 1860 ("una lettera dell’Imperatore dei Francesi [...] Ci esorta a volere rinunziare al possedimento di quelle province...").
Il 22 dicembre 1859 Napoleone III fa conoscere pubblicamente la sua posizione anche tramite un opuscolo anonimo ma presentato dalla stampa come ispirato dal governo, Le Pape et le Congrès, in cui si legge:
Il potere del papa non può essere che un potere paterno: deve somigliare a una famiglia più che a uno Stato. Inoltre, non solo non è necessario che il suo territorio sia molto esteso ma noi crediamo che sia anche essenziale che sia circoscritto. Più il territorio sarà piccolo, più il sovrano sarà grande.
[Maurain, La politique ecclésiastique du Second Empire de 1852 à 1869, cit., p. 356]
In sostanza, Napoleone III "consiglia" al papa di ridurre alla sola città di Roma lo Stato pontificio, che sarebbe poi entrato a far parte di una "confederazione italiana" [ibidem] presieduta a titolo onorifico dallo stesso papa, così come previsto già dal trattato di Villafranca.
L'imperatore-dittatore pensava di risolvere così la questione italiana e di accrescere il suo prestigio internazionale.
Per qualche storiografo del passato, la sua fu, invece, "imbecillità politica" [A. Debidour, Histoire des rapports de l'Église et de l'État en France de 1789 à 1870, Parigi, Alcan, 1898, p. 540].
Da un lato, infatti, Napoleone III si alienò le simpatie dei cattolici che, fino al 1859, lo avevano in buona parte appoggiato (vedendo in lui un argine contro l'avanzata di repubblicani e socialisti).
Dall'altro accrebbe l'odio che i patrioti italiani nutrivano verso di lui sin dal 1849, quando aveva soffocato la Repubblica romana e consentito a Pio IX di rientrare a Roma:
Da alcuni anni, dei patrioti italiani, riuniti a Londra attorno a Mazzini, cospiravano senza posa contro Napoleone III, che, nel 1849, non si era limitato a tradire la loro causa, ma era diventato l'oppressore del loro Paese. A loro sembrava che la sua morte avrebbe portato la rivoluzione che essi sognavano e, quindi, la liberazione del loro Paese. In diversi erano già venuti a Parigi ad attentare alla sua vita. Uno di loro, Pianori, gli aveva sparato ed era morto sulla ghigliottina nel 1855. Un altro, Tibaldi, era stato condannato ai lavori forzati insieme ad alcuni dei suoi complici (1857). Numerosi complotti italiani, scoperti dalla polizia, erano stati accuratamente tenuti nascosti al pubblico. Essa non aveva saputo prevedere quello di Orsini, che era destinato ad avere la più drammatica risonanza in Francia e all'estero. Il 14 gennaio 1858, nel momento in cui l'imperatore e l'imperatrice arrivavano all'Opéra, diverse bombe scoppiarono attorno a loro, lasciando a terra un grande numero di morti e di feriti. I sovrani scamparono come per miracolo a quest'eccidio.
[Ivi, p. 543]
L'armistizio di Villafranca non fece che confermare che Napoleone III era un ostacolo all'unità d'Italia e questo rendeva ipotizzabili altri attentati contro di lui.
Del resto, come il principe Napoleone Girolamo dirà il 1° settembre 1869 nel corso di una seduta del Senato, "con il dispotismo si può fare tutto, tranne che farlo durare" [L'Univers, 3 settembre 1869, p. 3].
Marco Corvaglia
Pubblicato il 24 settembre 2023. Certificato di anteriorità Copyright.eu
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