Prodigi religiosi alla prova della critica storica
Il sito di Marco Corvaglia
La Salette e le "lettere cadute dal cielo"
di Marco Corvaglia
Una scomoda verità
Il dotto gesuita Hippolyte Delehaye denunciò i legami tra il messaggio di La Salette e le folcloriche "lettere cadute dal cielo".
Come abbiamo visto, a Rue du Bac si presenta uno degli elementi che diverranno tipici delle "apparizioni" mariane moderne, e cioè l'apocalitticismo (peraltro diffuso nella mentalità religiosa di inizio Ottocento in Francia).
Tuttavia, il prototipo compiuto delle "apparizioni" moderne è costituito da La Salette (1846). Basti considerare, ad esempio, che a La Salette inizia la serie dei "segreti" mariani (che caratterizzano anche Medjugorje, come sappiamo).
Scultura posta nel 1864 vicino al santuario di La Salette.
Il 19 settembre 1846, a La Salette, due pastorelli, di nome Mélanie e Maximin (rispettivamente, di 14 e 11 anni), entrambi nati nel vicino villaggio di Corps, asseriscono di aver visto una luce, al cui centro sarebbe comparsa una "Bella Signora", seduta su un masso, con "i gomiti appoggiati sulle ginocchia, e la testa fra le mani. La Signora, inclinata in avanti sembra piangere silenziosamente" [G. Barbero, La Vergine a La Salette. Storia dell'apparizione, San Paolo, 2004, p. 20 (nella descrizione dell'"apparizione" continueremo a seguire il testo storico-apologetico di don Giuseppe Barbero, archivista e sacerdote della Società San Paolo)].
"La bella Signora porta sul suo petto, sospesa al collo da una catenella, una croce" [ivi, p. 22], ai lati della quale ci sono gli strumenti della Passione: da una parte le tenaglie e dall'altra il martello.
La Signora, alzatasi e rimanendo sospesa in aria a circa venti centimetri dal suolo, avrebbe comunicato ai due (oltre a un segreto per ciascuno) questo messaggio (che nella parte finale diventa un abbozzo di dialogo):
Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciar cadere il braccio di mio Figlio: esso è così grave e così pesante che non posso più sostenerlo.
Da quanto tempo io soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, io devo pregarlo continuamente, e voi non ne fate caso. Voi avete un bel pregare, un bel fare; mai potrete compensarmi della pena che mi sono presa per voi.
Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non me lo si vuole concedere. È questo che appesantisce tanto il braccio di mio Figlio. Coloro che conducono i carri non sanno imprecare senza mescolarvi il nome di mio Figlio. Queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio.
Se il raccolto va a male, è soltanto per colpa vostra. Ve l’ho fatto vedere l'anno scorso con le patate; voi non ne avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate guaste, voi imprecavate e intercalavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire, e quest’anno a Natale non ve saranno più. Se avete del grano, non bisogna seminarlo, perché tutto quello che seminerete sarà mangiato dagli insetti, e quello che verrà cadrà in polvere quando lo batterete.
Sopraggiungerà una grande carestia, ma prima che essa venga, i bimbi al di sotto dei sette anni saranno colti da un tremore e morranno tra le braccia di coloro che li terranno. I grandi faranno penitenza per la fame. Le uve marciranno e le noci diventeranno cattive. Se si convertiranno, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate si troveranno seminate da loro stesse.
Fate bene la vostra preghiera, bambini miei?
- Oh, no, Signora: non troppo!
Ah! Bambini miei, bisogna farla bene, sera e mattina. Quando non avrete tempo, dite almeno un "Pater" e un'"Ave Maria"; e, quando potete, ditene di più.
A messa non vanno che alcune donne già anziane. Gli altri lavorano di domenica tutta l’estate e, l'inverno, quando non sanno che fare, non vanno a messa che per burlarsi della religione. In quaresima vanno alla macelleria come dei cani.
Non avete mai veduto del grano guasto, bambini miei?
- No, Signora, non ne abbiamo veduto.
Ma tu, bimbo mio, tu ne devi aver ben visto una volta, vicino a Coin, con tuo padre. [...] Quando non eravate più che una mezz'ora distanti da Corps, tuo padre ti diede un pezzo di pane, dicendoti: "Prendi, bambino mio, mangia ancora del pane quest'anno; non so chi ne mangerà l'anno venturo, se il grano continua ancora a guastarsi in questo modo".
[Cfr. Barbero, op. cit., pp. 23-25]
Mélanie è a servizio presso l'agricoltore Baptiste Pra, che il giorno dopo, davanti a due testimoni, si fa riferire dalla fanciulla il messaggio e lo mette per iscritto.
In maniera apparentemente strana, Pra attribuisce al documento il titolo di Lettera dettata dalla santa Vergine a due fanciulli sopra la montagna di La Salette-Fallavaux [ivi, p. 38].
*****
Il gesuita belga Hippolyte Delehaye (1859-1941) fu presidente dalla Società dei Bollandisti, che si occupa dello studio storico-critico delle fonti documentarie sulle vite dei santi. Delehaye, profondo conoscitore di leggende agiografiche, divenne un'autorità riconosciuta internazionalmente nel campo dell'agiografia critica, fu insignito di lauree honoris causa da parte di diverse università, tra cui Oxford (1920), e fu membro dell'Accademia dei Licei (1928).
Nel 1899 pubblicò un articolo (Note sur la légende de la lettre du Christ tombée du ciel) su una particolare tipologia di testo apocrifo che circolava in tutta la cristianità sin dal VI secolo e che era stato sino ad allora poco studiato dagli storici: la cosiddetta "lettera caduta dal cielo" (o "lettera per l'osservanza della domenica"), spacciata come la copia di una lettera scritta da Gesù per minacciare i peccatori:
[La lettera caduta dal cielo o lettera di Cristo] si presenta come un ordine venuto dal cielo, accompagnato da minacce, e con delle forme studiate per ottenere credito presso il popolo. Ecco alcuni tratti essenziali che permetteranno di riconoscerla facilmente sotto le forme più diverse.
La lettera è scritta da Cristo in persona, in lettere d'oro o con il suo sangue. Essa è portata sulla terra dall'arcangelo san Michele, oppure cade dal cielo, a Roma sulla tomba di san Pietro, a Gerusalemme, a Betlemme o in altri luoghi celebri, a seconda dei casi. Il suo scopo principale è di inculcare l'osservanza della domenica. In maniera accessoria, sono raccomandati degli altri precetti. Viene in seguito una serie di minacce terribili contro coloro che disprezzeranno questi ordini [...].
Questa è, nei suoi caratteri generali, la lettera caduta dal cielo; componimento ingenuo e maldestro che, dalla sua comparsa fino ai nostri giorni, le persone semplici di tutti i paesi hanno accolto con curiosità.
[Hippolyte Delehaye, Note sur la légende de la lettre du Christ tombée du ciel, "Mélanges d’hagiographie grecque et latine" [Subsidia Hagiographica 42], Société des Bollandistes, Bruxelles, 1966, p. 152-153, estratto dai Bulletins de l'Académie royale de Belgique, Classe des Lettres, 1899]
Nel 1928, padre Delehaye torna ad analizzare il contenuto di queste "lettere":
L'avvertimento non tocca solo coloro che violano il giorno del Signore, bensì anche degli altri colpevoli i cui crimini attirano la collera di Dio. Succede che nelle lunghe enumerazioni l'oggetto originario del messaggio passi in secondo piano e magari scompaia. Ma i caratteri generali permettono di riconoscere il genere e di qualificare il componimento come "lettera per l'osservanza della domenica".
Lo stesso si potrà dire sul capitolo delle sanzioni. Esse sono generalmente, per così dire, dell'ambito agricolo. Il raccolto del grano sarà cattivo, i frutti non arriveranno a maturare, le cavallette e altri animali malefici devasteranno le campagne, le messi saranno distrutte dalla grandine, seguiranno carestia e fame. Per impressionare di più i lettori del documento, si aggiungono altri flagelli, come le malattie contagiose e tutte le calamità punitive che si possano immaginare.
[Delehaye, Un exemplaire de la lettre tombée du ciel, "Recherches de science religieuse", tomo XVIII, numero straordinario 1-2, febbraio-aprile 1928, pp. 166–167]
La conclusione è però tutta dedicata a La Salette:
La famosa questione del "fatto di La Salette" sarebbe stata regolata prima e più facilmente, se si fosse riconosciuta nelle parole attribuite alla Santa Vergine una delle forme, appena dissimulata, della lettera celeste.
Come la lettera, il discorso della signora si compone di lamentele e di minacce. Le prime insistono quasi solo sulla profanazione del giorno del Signore e in maniera del tutto accessoria sulla profanazione del suo santo Nome. Le pene sono esclusivamente della categoria di quelle che i nostri testi minacciano più spesso. [...] Non ci si è nemmeno presi la briga di risistemare un testo originariamente posto nella bocca del Salvatore, ma che, pronunciato dalla Madonna, non ha più senso: "Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non me lo si vuole concedere". Particolarmente significativo è il titolo dato alla prima redazione, scritta il 20 settembre 1846, esattamente l'indomani dell'avvenimento: "Lettera dettata dalla santa Vergine a due fanciulli sopra la montagna di La Salette-Fallavaux". Non aggiungeremo alcun commento.
[Ivi, p. 168]
A partire dalla fine del 1700, in Francia le "lettere cadute dal cielo" avevano avuto un notevole incremento.
Scrivono in merito i due storici cattolici Boutry e Bouflet:
È il tempo altresì delle lettere di Dio (di Gesù Cristo, della santa Vergine) cadute dal Cielo, di cui parecchi esemplari ricopiati dai fedeli sono stati raccolti in questa epoca, o sono noti ai rapporti allarmati delle autorità repubblicane: così nel comune di Saint-Menoux (Allier) [...] nella primavera del 1796:
Il commissario del potere esecutivo ha annunciato che circola nel comune una copia della lettera scritta in caratteri d’oro dalla mano di Dio, nella quale si ordina di celebrare le domeniche e le altre feste, di non seguire la nuova legge, se non si vuole incorrere nella collera di Dio, con minaccia di grandine, peste, carestia e altri flagelli per coloro che non vi aggiungessero fede e non la divulgassero [...] (Archivi dipartimentali dell'Allier, Registro di corrispondenza della municipalità di cantone di Saint-Menoux, 19 floreale anno IV, segnatura L 791, 36).
[Joachim Bouflet, Philippe Boutry, Un segno nel cielo. Le apparizioni della Vergine, Marietti, 1999, pp. 111-112]
Lo stesso Delehaye riporta un esemplare di "lettera di Gesù Cristo" circolante in Belgio, quando questo Paese era annesso alla Francia, nel 1798:
Credetelo per certo, voi non dovete meravigliarvi se sono così adirato. Non vi ho dato dei giorni per lavorare e dei giorni per servirmi? [...] In verità, in verità, io vi getterei nel fondo dell'inferno e annienterei tutte le vostre opere, ma è per MARIA, la mia cara madre, e per i miei Angeli che io vi guardo con occhio misericordioso. [...] Abbandonate tutti i vostri peccati e io vi donerò ogni soccorso ed effonderò la mia benedizione su di voi.
[Delehaye, Note sur la légende de la lettre du Christ tombée du ciel, cit., pp. 166-167]
Ancor più interessante è un'altra "lettera" evidentemente sfuggita a Delehaye, più a suo agio con le fonti antiche e medievali che con quelle moderne.
L'aveva trovata e pubblicata, nel 1771, settantacinque anni prima dei fatti di La Salette, il filosofo illuminista Voltaire, nelle sue Questions sur l’Encyclopédie, alla voce Superstition.
Infatti, in quello stesso 1771, a Bourges, nel cuore della Francia, era stata diffusa la notizia che nella chiesa di Paimpol (lontano centro della Bassa Bretagna), nel giorno dei Re (l'Epifania), Gesù fosse apparso al di sopra del tabernacolo e, dopo essere andato via, avesse lasciato sull'altare una lettera (per ovvi motivi, le presunte copie comparivano sempre in luoghi lontani dai presunti originali).
Una "copia" stampata circolava tra i fedeli di Bourges. Voltaire riproduce il testo del foglio:
COPIA della lettera trovata sull'altare, in occasione dell'apparizione miracolosa del Nostro Signore Gesù Cristo vicino al Santissimo Sacramento dell'altare, il giorno dei Re del 1771.
[...] Io vi avverto che se continuate a vivere nel peccato e io non vedo in voi né rimorso, né contrizione, né una sincera e vera confessione e riparazione, vi farò sentire il peso del mio braccio divino. Se non fosse stato per le preghiere della mia cara madre, avrei già distrutto la terra per i peccati che commettete gli uni contro gli altri. Vi ho dato sei giorni per lavorare, e il settimo per riposarvi, per santificare il mio santo nome, per ascoltare la santa messa e per impiegare il resto della giornata al servizio di DIO mio padre. Al contrario non si vedono che blasfemi e ubriaconi [...]. E voi, padri e madri pieni di iniquità, lasciate che i vostri figli spergiurino e offendano il mio santo nome. [...] Io vi dico, per la bocca di DIO mio padre, della mia cara madre, di tutti i cherubini e i serafini e per san Pietro capo della mia chiesa, che se voi non vi correggete, io vi invierò delle malattie straordinarie e sarà distrutto tutto. Quelli e quelle che non faranno tesoro degli avvertimenti che io do loro, che non credono alle mie parole, con la loro ostinazione richiameranno il mio braccio vendicatore sulle loro teste; saranno sopraffatti dalle sventure [....]. Al contrario, quelli che faranno un santo uso degli avvertimenti di DIO, che vengono dati loro tramite questa lettera, acquieteranno la sua collera...
[Voltaire (François-Marie Arouet), Questions sur l'Encyclopédie par des amateurs, Ginevra, Cramer, 1771, pp. 351-354]
Voltaire ripubblicherà la "lettera" anche nel Dictionnaire philosophique (anche questo pubblicato molti anni prima di La Salette: si vedano ad esempio le pp. 259 e ss. di quest'edizione del 1821).
Le reazioni dei salettini
Torniamo ora all'articolo specialistico di Delehaye. Quale eco ha avuto? Qual è stata la reazione da parte dei sostenitori di La Salette all'interno della Chiesa e, in particolare, tra i Missionari di Nostra Signora di La Salette (la congregazione religiosa, detta anche salettina, nata a seguito delle apparizioni di La Salette)?
C'è da dire subito che il grande pubblico è rimasto all'oscuro di tutta la questione (in maniera pressoché assoluta al di fuori del mondo francofono).
Se tralasciamo gli atti dattiloscritti di alcuni convegni (Journées salettines) pubblicati dai salettini di Tournai (Belgio) ad uso interno della loro congregazione, le poche repliche pubbliche a Delehaye sono arrivate praticamente tutte dopo la morte del bollandista, avvenuta nel 1941.
Nel 1946, il padre salettino Jean Jaouen pubblica infatti la prima edizione del libro La grâce de La Salette, dove riporta il testo di un'apocrifa "lettera di Gesù" che circolava a Verdun nel 1824 (ventidue anni prima di La Salette).
Jaouen ammette che, confrontato con il messaggio di La Salette, "l'apocrifo di Verdun che noi citiamo comincia in termini identici il suo enunciato sul precetto domenicale", ma aggiunge che c'è una "differenza che il contesto introduce immediatamente, nel giro di poche parole". Ecco i due brani a confronto, con il commento di Jaouen:
"Vi ho dato sei giorni per lavorare, e il settimo per riposarvi, dopo aver ascoltato il servizio divino." Il falsario resta calmo, non può elevarsi al di sopra del tono piccolo-borghese, perché non ha alcuna intelligenza dei diritti di Dio.
"Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non me lo si vuole concedere! È questo che appesantisce tanto il braccio di mio Figlio". Il precetto qui è considerato dal punto di vista di Dio, da qualcuno che aderisce alle sue preoccupazioni, che condivide il suo addolorato stupore, che ne risente il contraccolpo e si vede nella necessità di pregare senza posa.
[Jean Jaouen, La grâce de La Salette, Les éditions du Cerf, 1946, p. 140]
In parole povere, il messaggio di La Salette esprime un maggior coinvolgimento emotivo.
Naturalmente, questo, di per sé, non può significare nulla: esistevano centinaia di versioni diverse delle "lettere", ognuna con le proprie specificità. Come notava Delehaye, "i caratteri generali del testo permettono di riconoscere il genere" [Delehaye, Un exemplaire de la lettre tombée du ciel, cit., p. 167].
La terza e ultima edizione del libro di Jaouen è stata tradotta, oltre che in inglese, anche in italiano, nel 1982, con il titolo La Salette, dono di Gesù alla sua Chiesa, e costituisce quella che è sostanzialmente l'unica flebile eco sinora giunta in Italia del problema delle "lettere" in relazione a La Salette (insieme a un paragrafo presente nel libro di J. Bouflet e P. Boutry Un segno nel cielo).
In quest'edizione definitiva, Jaouen elimina ogni riferimento alla lettera di Verdun, non consente al lettore di capire quali siano, concretamente, le caratteristiche delle "lettere cadute dal cielo", e si limita a dedicare al tema una mezza pagina in cui non c'è necessità di evidenziare le affermazioni indimostrate o, in qualche caso, contrarie all'evidenza:
Le caratteristiche letterarie di quel povero scritto (Lettera celeste), commesso viaggiatore dell'osservanza domenicale, sono tali che chi volesse su questo tema costruire un discorso da poterlo accostare a quello de La Salette non avrebbe niente di meglio da fare che cestinarlo. Per un falsario, anche molto in gamba, non potrebbe essere che un ingombrante bagaglio. A fortiori un fanciullo ignorante ci si sarebbe impelagato. Inestricabilmente.
Per il contenuto religioso, per lo stile, l'ordine, il tono, la lettera caduta dal cielo differisce dal Messaggio de La Salette come la notte e il giorno. Se i due testi si assomigliano in talune espressioni, è un rapporto puramente verbale e così accidentale da essere trascurabilissimo.
Il primo (quello della lettera) è un testo morto e d'un'altra specie; non è il germe donde potrebbe scaturire l'ammirabile Discorso che abbiamo analizzato. Ma soprattutto la concordanza della scena col Discorso suppone un vero genio religioso: quei fanciulli che sanno appena il Pater e l'Ave Maria e che li recitano così poco, da chi hanno potuto apprendere a rappresentare sotto forme sensibili e dottrinalmente ortodosse, la Mediazione di Maria e la sua Compassione? Se molti mesi dopo l'avvenimento, il significato del Discorso ancora sfugge loro (e lo provano gli interrogatori di Lagier), chi avrebbe potuto loro impedire di presentarci una Madonna sorridente? chi avrebbe potuto preservarli da riproduzioni puerili e grottesche? È del resto un fatto attestato dall'inchiesta che nessuna cappella dei dintorni ha potuto fornire il modello di questa Madonna così caratteristica de La Salette che reca sul suo petto un Crocifisso ornato di martello e tenaglie.
[Jean Jaouen, La Salette, dono di Gesù alla sua Chiesa, La Salette, 1982, p. 185]
Riprenderemo più avanti la questione della compassione. Per ora, esplicitiamo qualche considerazione critica solo sull'ultima affermazione di padre Jaouen.
Cominciamo con il dire che quella descritta da Mélanie e Maximin è una forma di Croce della Passione (oppure del Gallo, o con gli Arma Christi).
Il padre salettino Jean Stern scrive:
Associati a degli altri strumenti - lancia, chiodi, spugna - si trovano martello e tenaglie rappresentati su delle croci, in particolare nelle Alte Alpi, dipartimento limitrofo al comune di Corps...
[Jean Stern, Le curé d'Ars et le message authentique de La Salette, L'Harmattan, 2018, p. 16]
In sequenza: Croce della Passione del diciassettesimo secolo, originariamente presente nella chiesa parrocchiale di Saint-Jean-Baptiste a Saillac (con martello a sinistra - per chi guarda - e tenaglia a destra) [Fonte]; Stampa francese risalente al 1824 circa: sulla scala a destra della croce sono presenti il martello e la tenaglia, posti l'uno sull'altra [Fonte].
Secondo la descrizione dei due pastorelli, la Signora ha in testa "una cuffia bianca" [ivi, p. 65].
La veste è ricoperta "da un largo grembiale di color giallo brillante" [Barbero, op. cit., p. 22]. Sulle spalle, ha uno scialle che "si incrocia sul petto" [ibidem].
Si osservino ora le seguenti immagini:
In sequenza: stampa del 1797 in cui è raffigurata una contadina dei dintorni di Parigi in abiti da lavoro [Fonte]; "Giovane contadina con due capre", dipinto di Louis Simon Cabaillot Lassalle (1810-1870); Foto di data non precisata in cui sono raffigurati due giovani contadini del Gruppo folclorico di Sainte-Croix [Fonte].
Tutte le contadine raffigurate hanno cuffia, scialle e grembiale. In più, sia la donna dell'incisione che la ragazza dell'ultima foto hanno, come la Signora di La Salette, al collo una croce, posta al di sopra dello scialle: evidentemente si trattava di un'usanza che aveva una certa diffusione in Francia.
Non si può quindi affermare (come Jaouen lascia intendere) che la figura della Signora non possa essere stata immaginata sulla base di modelli tratti dal mondo in cui i pastorelli vivevano.
*****
Un secondo tentativo pubblico di risposta all'articolo di Delehaye arriva nel 1960, quando il giornalista e apologeta Louis Bassette vi dedica il secondo capitolo del suo opuscolo Notre-Dame de La Salette et le bienheureux Pierre-Julien Eymard. La Salette et quelques historiens.
Bassette concentra in tre pagine (dalla numero 35 alla 37) le sue repliche specifiche, con un tono a tratti aspro nei confronti del defunto bollandista belga, e dedica un'altra ventina di pagine a questioni collaterali.
Volendo controbattere a Delehaye, che aveva scritto: "Come la lettera, il discorso della signora si compone di lamentele e di minacce", Bassette inizia così la sua replica: "Non unicamente, poiché contiene anche delle promesse: «Se si convertono...»" [L. Bassette, Notre-Dame de La Salette et le bienheureux Pierre-Julien EYMARD. La Salette et quelques historiens, Eymond, 1960, p. 36].
Giusta osservazione, che va però in senso opposto a quello sostenuto da Bassette: le promesse condizionali, infatti, sono un altro elemento ricorrente delle "lettere" (lo si può vedere dagli esempi pubblicati nella presente pagina).
Riguardo alle altre argomentazioni di Bassette, esse perlopiù coincidono con quelle che saranno avanzate, nel 1980, da un terzo autore, a cui dedichiamo maggiore spazio: padre Jean Stern.
Stern, archivista presso la Curia Generalizia dei Missionari di Nostra Signora di La Salette, volle realizzare un lavoro analogo a quello che Laurentin aveva compiuto per Lourdes e Rue du Bac, e quindi raccolse e pubblicò tutte le fonti storiche esistenti su La Salette.
Egli affronta lo studio critico di Delehaye in un'appendice del primo tomo del suo lavoro (pubblicato solo in francese).
Stern riproduce tre "lettere celesti" sequestrate dalla polizia, nel 1818, nel dipartimento dell'Isère, di cui La Salette fa parte (questi "fogli" erano venduti da ambulanti senza licenza e la polizia, benché in genere tollerasse queste pratiche, a volte poneva la merce sotto sequestro).
In una di queste si legge:
Se non fate penitenza per i crimini che commettete ogni giorno sulla terra, la mia vendetta è pronta a cadere su di voi. [...] Oggi io sono tradito da voi, voi non ci credete; guai a quelli che non ci credono, io farò scendere il mio braccio su di loro...
[Jean Stern, La Salette. Documents authentiques, vol. 1, Desclée De Brouwer, 1980, p. 386 (una riproduzione digitale del volume è disponibile qui)]
In un'altra:
Vi ho dato sei giorni per lavorare e il settimo per riposarsi, santificare la Domenica in ricordo della mia Passione; ma voi ne fate un giorno per compiere le opere del demonio, come il gioco d'azzardo, l'ubriachezza, le bestemmie...
[Ivi, p. 387]
La terza è interessante perché sono presenti parole attribuite alla Madonna:
Ecco la mano di Nostro Signore Gesù Cristo, che è già pronta a punire i peccatori; ma la sua Santa Madre che corre davanti a lui e gli domanda perdono per loro sperando che essi facciano penitenza, gli rivolge le seguenti parole, levando gli occhi al Cielo.
Figlio mio, perdona questi poveri peccatori, faranno penitenza.
La Santa Vergine rimprovera ai peccatori la loro insensibilità dicendo:
Disgraziati abitanti della terra, io non posso più fermare la collera di mio Figlio [...].
Vi avverto che mio Figlio è pronto a vendicarsi di tutte le disobbedienze a questi comandamenti che voi commettete senza posa.
[Ivi, pp. 387-388]
Stern aggiunge anche la riproduzione di un foglio stampato sequestrato il 23 gennaio 1844 (meno di tre anni prima dell'apparizione) dal commissario di polizia di Gap, a circa 40 chilometri da La Salette.
Esso era spacciato come la copia di una lettera scritta personalmente da Gesù e ritrovata a Gerusalemme.
Vi si ritrova la consueta formula sull'osservanza della domenica, seguita dalla promessa: "Se seguite questa regola, la benedizione di Dio scenderà su voi e i vostri figli" [ivi, p. 390].
*****
La linea difensiva è sostanzialmente quella che era già stata messa in atto dai suoi predecessori Jaouen e Bassette: Stern si sforza di evidenziare gli elementi che sono presenti nel messaggio di La Salette ma che non sembrano derivare da "lettere" (quanto meno da quelle - relativamente poche - oggi note, per essere state pubblicate in libri o articoli).
In ogni caso, per cominciare, secondo Stern le catastrofi agrarie presenti nel messaggio di La Salette rispecchiano da vicino la specifica situazione di quel momento storico e la sua evoluzione:
L'idea che le minacce proferite siano state prese da vecchi testi presuppone l'ignoranza della situazione agricola dell'anno 1846; di là senza dubbio il suo odore di humour nero. La crisi alimentare descritta e annunciata nei discorsi possiede un "Sitz im Leben" [espressione che indica gli elementi tratti dal contesto, MC] troppo reale.
[Ivi, p. 381]
Torneremo su quest'aspetto prossimamente, ma per ora ci limitiamo a notare che l'adeguamento ai tempi e al contesto specifico è, naturalmente, una caratteristica delle "lettere" (e delle eventuali forme derivate), come di tutti i generi letterari che godono di longevità e si diffondono su larga scala. Delehaye lo notava già nell'articolo del 1899:
È facile comprendere che, passando da un contesto all'altro, la lettera celeste doveva subire la legge dell'adattamento. Delle aggiunte, delle trasformazioni motivate dalla diversità delle circostanze erano inevitabili...
[Delehaye, Note sur la légende de la lettre du Christ tombée du ciel, cit., p. 174]
Inoltre, Stern (analogamente a Jaouen e a Bassette) rimprovera a Delehaye di aver messo in ombra un elemento centrale di La Salette: la compassionevole sofferenza espressa dalla Madonna, "il lamento lungamente sviluppato all'inizio del messaggio ed estremamente personale" [Stern, La Salette. Documents authentiques, vol. 1, cit., p. 381].
In realtà, il tema della compassione della Madonna è quanto meno implicito in molte "lettere" (anche fra quelle che abbiamo citato in questa pagina), dove si fa riferimento a Maria come a colei che implora misericordia per gli uomini su cui incombe la collera divina.
Una volta data la parola direttamente alla Madonna, non sembra sorprendente l'esplicitazione del tema, soprattutto perché si trattava di un'interpretazione della figura e del ruolo di Maria che si era andata sempre più affermando nella Chiesa ed era all'epoca particolarmente viva.
Le più antiche attestazioni del concetto di Maria come misericordiosa mediatrice di tutte le grazie si trovano nel cristianesimo orientale del IV secolo (si pensi agli scritti di Efrem il Siro). A partire dall'VIII secolo tale dottrina teologica si diffonde anche in Occidente (la più antica attestazione occidentale è l'Omelia 45, In Assumptione, di Paolo Diacono).
A partire dall' XI secolo in particolare, i teologi (inizialmente soprattutto cluniacensi) vedono in Maria colei che attenua il rigore divino nei confronti dei peccatori [per approfondimenti: P. A. Ambrogi, D. Le Tourneau, Dictionnaire encyclopédique de Marie, Desclée De Brouwer, 2015 (in particolare le voci Médiatrice e Paul Diacre)].
Ebbene, questi concetti nel 1700-1800 circolavano tra i fedeli francesi grazie soprattutto ai Cantiques des missions (canti per le missioni popolari) composti dal celebre predicatore Louis-Marie Grignon de Monfort:
Sii il mio aiuto e il mio sostegno,/ Santa Vergine Maria./ Prega per me il tuo caro Figlio,/ placa la sua collera.
[Cantiques spirituels sur les actes de la religion, in Cantiques des missions composés par Louis-Marie Grignon de Monfort, Angers, Veuve Pavie, 1830, p. 10]
[...] Santa Vergine Maria [...] calma l'Onnipotente/ nella sua giusta collera.
[Il prie pour elles, ivi, p. 68]
Benediciamo il nome di Maria [...] Nome glorioso! [...] E sulla terra e nei cieli,/ tu plachi la vendetta di Dio.
[En l'honneur du saint Nom de Marie, ivi, pp. 137-138]
Il braccio di un Dio vendicatore/ costituisce il nostro supplizio.
[Le Purgatoire, ivi p. 64]
Stern (ancora con Bassette) biasima Delehaye per aver dimenticato che "a La Salette rimproveri e minacce sono integrati in un dialogo in cui i bambini sono parte attiva e che fa appello ai loro ricordi personali" [Stern, La Salette. Documents authentiques, vol. 1, cit., p. 381].
Inoltre Stern scrive che "fatalmente, la massa di peccati e minacce accumulate nelle lettere celesti conterrà i peccati e le minacce del messaggio di La Salette" [ibidem].
E (analogamente a Bassette) aggiunge che "è semplicemente falso scrivere che le pene sono «esclusivamente della categoria di quelle che i nostri testi minacciano più spesso»: si pensi a ciò che le nostre relazioni dicono sui bambini al di sotto dei sette anni e che le lettere citate da Delehaye non dicono mai" [ibidem].
Meriterebbe qualche domanda il fatto che, per punire gli adulti che non vanno a messa o bestemmiano ("queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio"), preannunci la sofferenza e la morte dei bambini al di sotto dei sette anni ("saranno colti da un tremore e morranno tra le braccia di coloro che li terranno").
Jaouen, Stern e Bassette non considerano il fatto che lo schema concettuale di fondo delle "lettere" e del messaggio di La Salette è analogo, e alcune immagini ed espressioni coincidono in maniera troppo evidente.
La mancata frequenza della messa domenicale è condannata a La Salette con la stessa espressione tipica delle "lettere" ("Vi ho dato sei giorni per lavorare..."). Anzi, stranamente, con la stessa prima persona singolare.
Scrive Stern (ricalcando un'osservazione di Bassette):
Padre Delehaye, che sembra credere a una dipendenza letteraria tra la relazione Pra e le famose lettere, conclude, citando il paradossale "Vi ho dato sei giorni" pronunciato dalla Signora, che non "ci si è nemmeno presi la briga di risistemare...". La realtà è ben diversa: noi sappiamo, in effetti, che l'espressione fu imposta per la testimonianza ostinata di Mélanie e che i primi racconti normalizzano volentieri il testo in "egli vi ha dato" o "mio figlio". "Dall'inizio", scrive Rousselot [vicario generale della diocesi, incaricato nel 1847 dal vescovo di Grenoble di condurre un'indagine sui fatti di La Salette, MC], "si fece osservare a Mélanie che questa costruzione alla prima persona non si accordava con il resto del discorso; ella si limitò a rispondere che lei diceva come aveva sentito".
[Ivi, pp. 379-380]
Per l'appunto. Ci viene confermato che Mélanie ha detto proprio così: ha usato esattamente la stessa espressione tipica delle "lettere", mantenendo anche la prima persona ordinariamente lì presente.
Ancora, a la Salette è citato per tre volte il braccio di Gesù, che la Madonna non riesce più a sostenere perché divenuto troppo pesante.
È un'immagine analoga a quella presente nella "lettera" che circolava a Bourges nel 1771: "Vi farò sentire il peso del mio braccio divino. Se non fosse stato per le preghiere della mia cara madre...".
Riguardo alla definizione di "lettera" data da Pra alla messa per iscritto del messaggio da lui effettuata, Stern (analogamente a Bassette) ritiene che tale definizione non provenga dai due ragazzini (che, peraltro, pare non sapessero scrivere, anche se in Francia, a partire dal 1833, in base alla legge Guizot, i bambini poveri avevano la possibilità di essere alfabetizzati frequentando gratuitamente la scuola elementare pubblica).
Stern ritiene quindi che quel titolo sia un elemento esterno, che "avrebbe modificato la trasmissione dei racconti" [ivi, p. 380]. In parole povere: un titolo messo impropriamente.
Per l'appunto. Quale prova più evidente del fatto che quel messaggio era stato spontaneamente assimilato ad una delle ben note "lettere", avendone evidentemente gli elementi caratteristici?
Continua nella pagina: La Salette e le fantasie fatate
Marco Corvaglia
Pagina pubblicata il 28 gennaio 2023
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