Prodigi religiosi alla prova della critica storica
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La questione delle "stimmate" di Mélanie di La Salette
di Marco Corvaglia
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Stigmatizzata a 4 anni (a suo dire)
Mélanie all'età di circa 70 anni.
Pochi mesi dopo l'"apparizione", Mélanie e Maximin, i due pastorelli di La Salette, vengono collocati dal vescovo di Grenoble presso l'educandato delle suore della Provvidenza, a Corps, dove ricevono una formazione cattolica a tempo pieno, fino alla fine del 1850.
Dopo di che, Mélanie entra nel convento di Corenc, prima come postulante e poi come novizia, con il nome religioso di suor Maria della Croce.
Nel 1852 Mélanie scrive per il suo padre spirituale dell'epoca un resoconto della propria infanzia: Abrégé de la vie de Mélanie (Compendio della vita di Mélanie).
Circa cinquant'anni dopo, scriverà un'altra autobiografia d'infanzia, molto più estesa, che sarà pubblicata, dopo la sua morte, da Léon Bloy: Vie de Mélanie, bergère de la Salette, écrite par elle-même en 1900. Son enfance (1831-1846), Mercure de France, 1912.
Ebbene, nelle sue autobiografie, Mélanie racconta le esperienze mistiche che, sin dalla più tenera età, avrebbe avuto.
Tutto ciò è particolarmente strano, perché dall'indagine diocesana ufficiale era risultato che, al momento dell'"apparizione", la quattordicenne Mélanie "non aveva pressoché nessuna conoscenza della Religione" [Abbé Rousselot, La vérité sur l'événement de La Salette du 19 septembre 1846 ou Rapport a l'évêque de Grenoble sur l'apparition de la sainte Vierge à deux petits bergers sur la montagne de La Salette, canton de Corps (Isère), Grenoble, Baratier, 1848, p. 44].
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Avremo modo di citare più volte il repertorio commentato delle fonti documentarie su La Salette curato da padre Michel Corteville, che è il maggior esponente attuale dei cosiddetti melanisti, cioè di quei decisi sostenitori di Mélanie che la ritengono una vera e propria mistica e credono a tutti i racconti da lei fatti nel corso della sua vita.
Padre Jean Stern, invece, pur essendo aperto sostenitore di La Salette, è oggi il principale rappresentante di quella corrente secondo cui Mélanie andò presto incontro ad uno squilibrio mentale che la spinse a "non saper più distinguere il vero dall'immaginario nel personaggio che si era forgiata" [J. Stern, La Salette. Documents authentiques, vol. 3, Cerf, 1991, p. 130 (una riproduzione digitale del volume è disponibile qui)].
Nella sua autobiografia, Mélanie, parlando di sé prevalentemente in terza persona e definendosi la Muta, la Lupa o la Selvaggia, asserisce che, all'età di 4 anni, aveva come compagno un Fratellino (Gesù Bambino) a cui un giorno avrebbe chiesto di poter soffrire come Gesù aveva sofferto, e sarebbe stata subito accontentata:
Il Bambino le tocca prima la testa con le sue manine e subito lei sente dei dolori alla testa [...]. Il Bambino continua a toccarla; dopo la testa furono le mani, i piedi e il costato e questo le causò dei grandi dolori tutti i giorni e particolarmente il venerdì, ma man mano che cresceva anche i dolori aumentavano.
[Abrégé de la vie de Mélanie, in M. Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, Téqui, 2008, p. 245 (l'Abrégé è integralmente pubblicato in appendice alla Vie de Mélanie, cit., pp. 255-278)]
Quando "aveva circa 6 anni" avrebbe chiesto anche "alla sua Mamma [la Madonna] di farla soffrire intensamente" [ivi, p. 247; cfr. Vie de Mélanie, cit., pp. 268-269].
Non ci sono però solo le presunte stimmate infantili.
Ferite autoinflitte?
Nessuno risulta aver mai esaminato da vicino le "stimmate" che Mélanie avrebbe avuto in età adulta.
Lei ne parlava pochissimo. Tuttavia, la voce correva.
Il 19 settembre 1854 don Seignoux, parroco di Courdemanche, durante un pellegrinaggio a La Salette, ne chiede conferma al confessore di Mélanie, padre Sibillat, che gli dice di avere effettivamente visto le stimmate a Natale dell'anno precedente (ma non gli dice di averle esaminate).
Il giorno dopo, don Seignoux va a casa dei genitori di Mélanie. Ecco cosa riporta il sacerdote in una relazione intitolata Un parfum de La Salette:
Mélanie - mi ha detto la madre - sta male, la sua salute è delicata [...]. Pratica su di sé delle mortificazioni, e si fa del male: qui (e mi mostra la parte superiore della mano) ha delle piaghe come Nostro Signore, perché vuole soffrire come lui.
- Ma chi le ha aperto queste piaghe?
- Lei stessa.
- Come lo sa? Gliel'ha detto lei espressamente?
Ho capito che non l'aveva saputo direttamente da Mélanie, ma subito la sorella di Mélanie, una ragazzina di circa 14 anni [si tratta di Marie, MC], dal fisico più grazioso di quello della religiosa, mi ha detto con un accento di timidezza e modestia che ho ammirato:
- Signore, l'ho visto io, mi ha mostrato (porta la mano sul collo del piede) qui del sangue che usciva dalle calze.
- Ebbene, figliola mia, chi l'aveva ferita così, in quel punto?
- Lei da sola.
- Come lo sai ? Te l'ha detto chiaramente?
- Sissignore, mi ha detto che era lei che se lo faceva.
[Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, cit., p. 103]
Padre Antoine Bossan, archivista del santuario salettino, raccolse un'abbondante documentazione su La Salette e interrogò numerosi testimoni, lasciando allo stato di manoscritto i frutti delle proprie ricerche. Tra le sue note si legge:
Nel 1862 Suor Thècle, superiora delle Suore di Corps, mi ha detto che un giorno, quando Mélanie era a scuola da loro - potrebbe essere nel 1849 o 1850 - la sua sorella minore [...] ha detto a questa superiora: Mia sorella Mélanie è molto saggia, molto dedita alle mortificazioni. Certe volte si punge le mani con un coltellino e si fa uscire il sangue.
["Prétendus stgmates de Mèlanie" (notes Bossan de 1863), ivi, p. 105]
Lo stesso Bossan interroga, alcuni anni dopo, quella che era stata un'amica e compagna di noviziato di Mélanie a Corenc, suor Dosithée, la quale gli dice di aver "visto molto spesso alle mani di Mélanie delle piaghe, soprattutto all'interno" [Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, cit., p. 105].
Commenta padre Corteville: "Se Mélanie avesse provocato queste piaghe, secondo l'opinione raccolta da don Seignoux, con qualche strumento, Suor Dosithée non se ne sarebbe accorta?" [ibidem].
Perché avrebbe dovuto necessariamente accorgersene? Non lo si capisce.
Nel 1854, Mélanie parte per Darlington in Inghilterra, dove rimarrà sei anni; in seguito, sarà anche a Marsiglia (in due conventi diversi).
Ovunque Mélanie vada trova chi la apprezza per le sue virtù religiose, ma ci sono anche seri problemi di convivenza, accompagnati, in lei, da "mutismo cronico, gesti strani, parole irrispettose..." [M. Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 1, Téqui, 2008, p. 195].
Nel 1867 Mélanie, espulsa dal convento delle suore della Compassione a Marsiglia, decide di abbandonare la vita conventuale, scrivendo queste parole a padre Giraud, superiore generale dei Missionari di Nostra Signora di La Salette:
Non vorrei, Padre mio reverendissimo, che ci si prendesse la pena di farmi rientrare in un convento, io prendo volentieri e con riconoscenza le pene che il Nostro Divin Salvatore vuole inviarmi, ma non ho più il coraggio di cercarle.
[Billet de Mélanie au Père Giraud du 18 avril 1867, in Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, cit., p. 92]
Non c'è più un convento, in nessun Paese, in cui lei sia disposta a stare.
Ottiene, a quanto pare, una dispensa papale e si trasferisce subito in Italia, a Castellammare di Stabia (Napoli), dove può contare sull'appoggio del vescovo, mons. Petagna.
Nella città campana Mélanie aprirà una piccola scuola dove darà lezioni di francese di base e religione ad alcune ragazze.
Nel 1934, Virginia Bonifacio, una sua ex allieva per la quale Mélanie è stata anche madrina di cresima, rende al vescovo di Castellammare una testimonianza elogiativa su di lei. La dichiarazione che ci interessa è però questa:
Si diceva che patisse la Coronazione di Spine, ma io non vedevo niente poiché aveva la fronte coperta. Sulla mano, invece, scorgevo come una cicatrice...
[Témoignages historiques sur Mélanie Calvat, F.-X. Guibert, 1993, p. 86]
Odor di bruciato
A Castellammare Mélanie ha come confessori dei padri redentoristi.
Nel 2022, un cultore di storia religiosa locale, Giovanni Pepe, fa una scoperta: in un volume manoscritto conservato nell'Archivio Provinciale Redentorista di Pagani (Salerno) trova una nota biografica (scritta da padre Salvatore Schiavone) relativa ad uno di questi confessori: padre Vincenzo Venditti.
In essa si legge:
[Venditti] Fu confessore della Serva di Dio Melania, ed aveva le camicie bruciate di quella coll’immagine delle Anime del Purgatorio.
[L’Archivio Redentorista scopre una testimonianza sconosciuta della veggente de La Salette, "Scala News - Notizie dal Mondo Redentorista", 5/2/2022]
Si tratta, in maniera pressoché certa, di alcuni indumenti e pezzuole conservati anch'essi nell'Archivio Provinciale Redentorista di Pagani.
Nella stessa pagina del sito dei Redentoristi sono presenti delle immagini per le quali qui di seguito forniamo i link diretti, che consentono di vedere i reperti in formato più grande.
Il reperto 3- 4 è costituito dalla parte anteriore e posteriore della medesima camiciola.
Il reperto 15 è una pezzuola evidentemente a suo tempo piegata in più strati per assorbire un liquido che è verosimilmente sangue.
Le macchie informi che ne sono derivate sono accompagnate da disegni: croci all'interno di due macchie, "raggi" intorno a macchie tondeggianti, figure geometriche sparse, sagome umane e animali grossolanamente rappresentate.
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Come abbiamo visto, secondo la nota biografica i disegni sono costituiti da bruciature (non da sangue).
Tuttavia padre Antonio Pupo, direttore dell'Archivio Redentorista di Pagani, ha dichiarato: "Abbiamo ritrovato degli indumenti con disegni e macchie che probabilmente sono delle emografie" (nel lessico della mistica, l'emografia consisterebbe in una prodigiosa comparsa di scritte o disegni fatti con il sangue).
Analogamente, Giovanni Pepe, il consulente storico dei Redentoristi di Pagani, parla di "immagini che, ad una sommaria indagine, sembrano poter essere delle emografie".
La copertina e la pagina 12 del numero 13 del 2022 di Maria con te.
A queste sorprendenti dichiarazioni hanno dato risonanza il settimanale, edito dall'ordine religioso dei Paolini, Maria con te (n. 13 del 27 marzo 2022, pp. 12-16), una puntata del programma Indagine ai confini del sacro, trasmesso da Tv2000 (rete di proprietà della Conferenza Episcopale Italiana), a cura di David Murgia, e in seguito, con un'importante puntualizzazione, lo stesso padre Corteville (in una pubblicazione di nicchia).
Ecco il trailer della puntata di Indagine ai confini del sacro del 4 aprile 2022:
La trasmissione è visibile qui (il link porta direttamente al minuto 9:26, dopo la lunga parte introduttiva).
Padre Corteville ha curato il capitolo introduttivo e il commento di un trattato apologetico scritto da Jacques Maritain oltre un secolo fa ma rimasto inedito e solo recentemente pubblicato: La Salette, Angelicum University Press, 2022 (a pagina 276, in un inserto fotografico, Corteville ha inserito altre tre immagini dei reperti di Pagani).
Ebbene, come Corteville riconosce, ad essere probabilmente costituiti da sangue non sono i "disegni" in generale ma solo alcune macchie e alcuni piccoli motivi decorativi (segnatamente, i raggi che si dipartono da talune macchie usate come rappresentazione del sole, ad esempio nel reperto 15):
Si nota che il sangue delle stimmate abbozza e riempie talvolta di motivi illustrativi semplici (sole, raggi, etc.) le piccole stoffe che le coprivano.
[Michel Corteville, Prologo: L'imbarco nell'avventura di La Salette, in J. Maritain, La Salette. Opera inedita, Angelicum University Press, 2022, p. 57]
Anche padre Corteville parla di "emografie" [ibidem], ma lo fa solo in riferimento ai piccoli elementi (su "piccole stoffe") su menzionati.
In realtà, è comunque chiaro che, di per sé, le macchie e le piccole lineette che da esse si dipartono (e che possono essere state realizzate a mano con il sangue delle macchie stesse) non presentano alcunché di inspiegabile.
Riguardo ai disegni veri e propri, padre Corteville riconosce che si tratta di "bruciature più o meno forti" [ibidem], ma parte dal presupposto che siano (o possano essere) fenomeni miracolosi sulla base di considerazioni che appartengono esclusivamente alla sfera e alla storia delle credenze ("non è cosa insolita, perfino nella spiritualità pagana, che le anime dei defunti si manifestino per richiamare la cura dei viventi" [ivi, p. 58]).
Nell'Ottocento era in effetti diffusa la credenza che le anime del purgatorio lasciassero impronte di mani e dita sotto forma di bruciature su stoffe e libri (come è testimoniato dal fatto che nel 1894 un sacerdote marsigliese, Victor Jouët, fondò a Roma un piccolo Museo delle Anime del Purgatorio contenente alcuni presunti reperti di questo tipo).
In realtà, le figure presenti sui tessuti di Pagani hanno tutte le caratteristiche di disegni grossolanamente realizzati tramite pirografia, tecnica comunemente praticata nell'Ottocento, soprattutto su cuoio, utilizzando una punta di ferro arroventata.
A provarlo ci sono le striature e i buchi, con i bordi anneriti, creati evidentemente dalla punta arroventata: sui reperti di Pagani ce ne sono tantissimi, come è facile vedere osservando con una certa attenzione le immagini precedenti.
Arriviamo quindi al punto: perché una persona consegna al proprio confessore degli indumenti contenenti raffigurazioni di men che mediocre fattura (e, in alcuni casi, sangue delle sue presunte miracolose stimmate), se non perché, per l'appunto, vuole presentarle come bruciature prodigiose?
Il fatto stesso che in alcuni casi il confessore si sia preoccupato di apporre sul tessuto la data, conferma che i reperti gli erano stati presentati da Mèlanie come manifestazione di un fenomeno degno di nota.
Quanto i religiosi a lei vicini fossero propensi a credere ciecamente alle sue parole è testimoniato dal contenuto della nota biografica sul redentorista padre Alfonso Fusco, che a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta fu il suo confessore. Nella nota biografica si legge:
Morì di circa 83 anni in S. Andrea sullo Jonio, il 29 febbraio 1916, senza aver mai predicato, per avergli detto una certa Suora di santa vita (mi sembra la Melania) che sarebbe morto dopo la prima predica.
[Maritain, op. cit., p. 382, nota 45, riportata e aggiunta da M. Corteville]
"Et puis, à quoi ça sert ?" (E poi, a che serve?)
A partire dagli anni Novanta, Mélanie, stanca delle polemiche suscitate dalla pubblicazione del suo "segreto", consapevole di essere ritenuta folle da molti ecclesiastici (soprattutto in Francia), aspira a vivere nell'anonimato e rende noti i suoi nuovi indirizzi solo ad alcuni religiosi con cui intrattiene rapporti epistolari.
In particolare, a partire dal 1896, ha una fitta corrispondenza con il parroco di Diou, in Francia, don Gilbert Combe.
Il 6 ottobre 1896 gli scrive (da Galatina, nei pressi di Lecce, dove vive in quegli anni) di aver saputo che gli stessi Missionari di La Salette hanno recentemente detto ai pellegrini: "Mélanie è un'isterica, una scervellata, una scema!" [Pour servir à l'histoire réelle de La Salette: documents, III, Nouvelles Éditions Latines, 1966, p. 21 (una riproduzione digitale del volume è qui)].
Nel 1899 Mélanie ritorna in Francia, sollecitata proprio da don Combe, che diventerà il suo confessore (sarà lui a chiederle di portare a termine l'ultima versione della sua autobiografia).
Ecco cosa scrive il sacerdote nel proprio diario, nel gennaio 1901:
Sabato 12 - Poiché anche stamattina non ha ascoltato la messa, sono andato da lei per informarmi sulla natura di queste estasi così frequenti e di queste abbondanti effusioni di sangue di una povera vittima che non mangia niente. [...]
- Quando le tue mani sanguinano sono trapassate da parte a parte?
- Sì.
- Come lo sai?
- Un giorno che sbucciavo i piselli, un pisello è entrato. Ho cercato di estrarlo con una spilla, ma non ci sono riuscita. Allora l'ho spinto di più, ed è uscito dall'altro lato.
[Dernières années de sœur Marie de la Croix, bergère de la Salette - Journal de l'Abbé Combe, Téqui, 2000, p. 56; cfr. Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, cit., pp. 112-113 e Maritain, op. cit., p. 404.]
Comprensibilmente, don Combe le chiede di avvisarlo subito, non appena il fatto si ripeta: Mélanie, che in quel periodo avrebbe frequenti e abbondanti effusioni di sangue, per la prima volta ha trovato qualcuno che vuole verificare da vicino il fenomeno.
Come andranno le cose?
Il successivo venerdì (18 gennaio 1901), Combe annota che Mélanie gli ha detto, in merito alle sue estasi sanguinanti: "Credo che stiano per cessare: la quantità di sangue diminuisce":
- Non è esattamente quello che ti avevo detto di domandare! Cosa hai detto dunque al tuo divino Fratellino?
(Graziosa familiarità): - Gli ho detto: Tu non hai sanguinato così a lungo, Tu. E poi, è sporca! In questo paese dove mi hai portato, io non posso far lavare la biancheria! Bisogna che mi lasci i tuoi dolori, ma senza farmi sanguinare.
[Dernières années de sœur Marie de la Croix, cit., p. 57; cfr. Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, cit., p. 119]
Secondo gli apologeti, a partire dallo stesso Combe, Mélanie intende dire di non voler far lavare ad altri la sua biancheria insanguinata (perché la gente non sappia) e di non sentirsi però nemmeno più in grado di lavarla da sola:
La difficoltà di assicurare questo lavaggio, che diventa sempre più gravoso con l'età e gli acciacchi, porta la povera stigmatizzata a chiedere al suo Sposo di risparmiarle ormai non i dolori legati alle stimmate ma i sanguinamenti, di cui non potrà più far sparire le tracce.
[Hyacinthe Guilhot, La vraie Mélanie de La Salette, Téqui, 2014, pp. 414-415]
Il successivo 29 luglio Combe, dopo aver visto Mélanie molto sofferente in chiesa, le fa delle domande:
- Il tuo costato ha sanguinato? Molto?
- No. Non sanguina più da quando gliel'ho detto.
- Nostro Signore ha dunque esaudito completamente il tuo desiderio?
- Sì. Gli ho detto: guarda dove mi hai messa! Non posso né lavare né far lavare la mia biancheria ed è sporca! E poi, a che serve? Anche quando non sanguinerà più, io potrò soffrire. Lui mi ha risposto: non sanguinerà più.
[Dernières années de sœur Marie de la Croix, p. 85; cfr. Corteville, La «Grande Nouvelle» des Bergers de La Salette, vol. 2, cit., pp. 119-120, nota 279]
Poco più di in mese dopo (dal 9 al 15 settembre 1901), Mélanie torna nei suoi luoghi d'infanzia (350 chilometri di distanza da Diou) insieme a don Combe e ad altri sacerdoti che vogliono andare in pellegrinaggio a La Salette.
Un altro sacerdote, che pure è stato invitato, mons. Vichy, non può accettare: "gli dispiace molto che la sua età non gli permetta di accompagnarci in un viaggio così faticoso", commenta Combe [Dernières années de sœur Marie de la Croix, cit., p. 87].
Tra i partecipanti c'è don Moitron, parroco di Saint-Pourçain, che in una lettera indirizzata a Combe, qualche anno dopo, rievoca la resistenza fisica dimostrata dalla settantenne Mélanie in quell'occasione:
Non la lasciammo fino a che non calò la notte, dopo due o tre interminabili passeggiate pomeridiane. [...] Mélanie camminava con passo giovanile e tutti i vecchi ricordi si risvegliavano. Era instancabile.
[Dernières années de sœur Marie de la Croix, cit., p. 100]
Continua nella pagina: Mélanie di La Salette: umiltà o autoesaltazione?
Marco Corvaglia
Pagina pubblicata il 23 giugno 2023
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